Diario del 16 Novembre

Io e Luca ci troviamo la mattina a Susa e come prima missione abbiamo quella di andare a prendere il microfono necessario per le interviste da un nostro amico e collega fonico e musicista, che, gentilmente, ci impresta il suo tascam, ideale per questo lavoro. Dopodiché ci rechiamo a Mattie sperando che il fine settimana possa darci fortuna nel trovare qualche interessato a raccontarci qualche storia. Arrivati a Mattie il nostro entusiasmo viene un po smorzato dal fatto che un deserto ci aspetta in paese. Alle 11 non c’era nessuno per le strade e nemmeno in piazza. Capiamo che il periodo non è ideale per il tipo di ricerca che avevamo in mente. Con questo freddo è difficile che qualcuno stia in giro per le strade. Tuttavia con un po di fortuna e testardaggine rimaniamo a Mattie e passeggiamo per almeno un’oretta prima di trovare la prima “vittima”. Incontriamo un signore contadino di ritorno dal suo campo, in procinto di andare a pranzare. Scambiamo qualche chiacchiera e raccontiamo del nostro progetto, si dimostra entusiasta ma non ci confessa di non voler essere ripreso né registrato. Ci racconta di come lui abbia sempre vissuto a Mattie e di come sia mutato il paese nel tempo, a suo dire, a causa del “via vai” che c’è stato negli ultimi 50 anni e che però non ha compreso direttamente il comune di Mattie, per cui gli abitanti hanno iniziato a diminuire lentamente, senza che uno se ne rendesse nemmeno bene conto. Riscontriamo però che il signore ha un’ottima conoscenza dell’occitano, infatti chiedendogli di parlarci in dialetto lo fa senza alcuna difficoltà, e anzi ci racconta di come sia cresciuto parlandolo. E’ per lui la lingua più intima, quella che usava con sua moglie, ma, ai figli, non ha mai parlato in patois. Questo gentilissimo signore ci manda a casa di una sua cara amica, che però rinvia l’intervista al pomeriggio. Al che decidiamo di spezzare la giornata e andare a mangiare a Susa. In questo tempo ci sentiamo telefonicamente con Marco Gay per raccontare del primo incontro e capire il tiro e la direzione da dare alle successive interviste. Inoltre capiamo che sarà difficile trovare tutte le persone prefissate in questi paesi senza prima cercare di “prendere appuntamento”. Dopo mangiato ritorniamo a Mattie a parlare con la signora che si è manifestata interessata all’intervista. Ci ospita a casa sua e ci prepara un caffè. Fuma una sigaretta. Iniziamo quindi l’intervista e la signora, analogamente al signore per strada, ci racconta di come abbia vissuto uno spopolamento graduale del suo paese che però, ci confessa con fierezza, è uno dei pochi che ancora mantiene una buona quantità di parlanti del patois, sebbene tutti di età abbastanza agiata. Ci racconta un po della sua vita da contadina all’interno del comune, delle zone di ritrovo di un tempo, rappresentate banalmente dalle strutture più calde, come le stalle o i forni comunali. In quei luoghi avvenivano i momenti di ritrovo della cittadinanza. Ci racconta qualche proverbio in occitano e poi l’intervista si conclude ed io e Luca ce ne andiamo diretti verso casa. Consapevoli delle difficoltà di oggi decidiamo di cercare per il giorno dopo dei possibili intervistati, al che, grazie all’aiuto di Marco Rey, riusciamo a contattare 5 persone che avremmo dovuto vedere la mattina dopo a Giaglione, appunto a casa di Marco.