Diario dal 4 al 10 Novembre
Sono un giovane autoctono della Val di Susa, in particolare modo io ho passato la mia infanzia in una frazione del comune di Exilles chiamata Deveys. E’ un paese che ora conta 13 residenti, tra cui mia nonna. Io ho sempre sentito storie e racconti delle terre in cui vivo, e con il tempo mi sto rendendo conto che coloro che le conoscono e le raccontano stanno scomparendo sempre più, così come le lingue che parlavano. Mia nonna per esempio sa parlare 4 lingue: italiano, piemontese, francese e patois del Deveys, che rientra nelle lingue franco provenzali. Pur avendo nemmeno la terza media ha una conoscenza superiore a molti al giorno d’oggi. Io non so più parlare nessuna di queste lingue, se non l’italiano e un po di francese. Eppure, avendole sempre sentite le capisco senza troppi problemi.
Ogni volta che sento una storia raccontata da mia nonna penso quanto sia preziosa come cosa e mi domando anche: forse un tempo si dava più importanza al tramandare oralmente determinati valori e o avvenimenti? Oggi in fondo in un mondo così digitalizzato, in cui tutto è a portata di mano, è impensabile che qualcosa possa “andare perso”, tanto al massimo lo cerco su google. Il mio approccio a questa faccenda non è di uno studioso, io sono un attore e musicista ed il mio intento non è quello di tirare fuori da tutto questo un saggio scientifico, bensì di riuscire a ridare vita e forma ad una tradizione che inevitabilmente scomparirà. Per questo motivo graziel’associazione VAN Verso Altre Narrazioni di cui faccio parte, nasce il progetto Mimnesko – memorie del tempo. Il nostro approccio sarà del tutto artistico, andremo a cercare del materiale su cui poter creare una messinscena originale e specchio di questi luoghi.
La prima vera fase di ricerca l’ho compiuta a casa mia. La mia famiglia è sempre stata legata a questi temi e per questo motivo mi ritrovo a casa delle librerie piene di libri a tema occitano e francoprovenzale, nonché libri di racconti, fiabe, storie della Val di Susa. Grazie all’aiuto di esperti del settore come Marco Rey, Renato Sibille, Clelia Baccon (purtroppo venuta a mancare da pochi anni) ho potuto approcciarmi alla questione cercando di affrontarla nella maniera più giusta. Ho raccolto molto materiale quindi direttamente a casa mia e ho cominciato a sfogliare diversi libri su questo tema a partire da racconti di fantasia come “Cuor di Camoscio” di Ruggero Casse, a Lou Medalhoun di Marco Rey, “La foto ingiallita” di Riccardo Humbert, “Mil Pürüs suonatore Ambulante Armazän” di Renato Sibille, “Si jouvë sooupës e vëlh ou pouguës” di Serafina Perron Cabus e Renato Sibille. Tutti questi racconti sono stati scritti da persone autoctone della valle, e li ho prediletti ad altri magari sempre di cultura occitana o franco provenzale ma di altre vallate. Subito mi è stato molto chiaro quanto questa materia sia ampia e piena ancora di ricerche possibili e di nuovi stimoli da studiare. Al che ho deciso di intraprendere la lettura dei vari convegni che si sono tenuti a riguardo, sempre escludendo la parte prettamente linguistica, non avendo io una formazione necessaria per riuscire a dare un contributo vero e proprio in quel senso, anche se ho cercato e sto tutt’ora cercando di studiare anche da un punto di vista più strettamente grammaticale e linguistico, grazie anche ai vari consulti dell’esperto del campo Tullio Telmon, insegnante di molte generazioni di valsusini. Ed è così che ho incontrato testi come: “Choza da pa creir – presenze fantastiche nella cultura popolare in area occitana” che contiene gli atti del convegno tenuto a Salbertrand il 30 Ottobre del 2010, oppure “Barbarià”, convegno tra pane e teatro, che contiene gli atti del convegno tenuto a Salbertrand il 10 Ottobre 2009. Questi due sono forse quelli che mi hanno stimolato di più da un punto di vista immaginativo, infatti il contenuto è estremamente legato proprio a questi territori, al comune di Salbertrand, di Oulx, di Exilles. Contengono infatti riferimenti a molti luoghi specifici e ciò a cui credenza li collegava: la presenza delle fate al Galambra, tutti i racconti sulle streghe in Val di Susa e le loro manifestazioni, storie e racconti di pastori e di eremiti “maghi”. Il tutto però è estremamente sintetico, essendo appunto gli atti di un convegno. Da questo però il mio desiderio è quello di andare a riscontrare con gli anziani dei luoghi quanto ancora queste storie siano nella loro memoria o no, e cosa, in caso, abbia preso il loro posto, soprattutto nelle generazioni a venire. Le interviste infatti vorranno essere piuttosto variegate da questo punto di vista.
La prima persona su cui ho “testato” questa metodologia, se così possiamo chiamarla, è stata appunto mia nonna: Edoardina Deyme, nata e vissuta da sempre nel comune di Exilles. Mi son reso conto che molti dei suoi racconti sono estremamente dettagliati, nonostante i 90 anni superati, e molti si perdono tra realtà e immaginazione. La storia del fortino della Garde, appena sopra al Deveys, costruito nel 1831 e esploso a causa di un fulmine nel 1923, 10 anni prima della nascita di mia nonna. Raccontandomi di questo fatto mi ha spiegato di come ancora in giro della valle, anche a km di distanza, sia possibile trovare ancora oggi detriti di questa esplosione. Uno per l’appunto al fondo del paese sulla riva del Galambra è ancora decisamente visibile. In quell’occasione ci furono 3 morti, di cui uno del Deveys. La cosa buffa, se così la si può definire, è che morì a casa sua, una pietra distrusse il tetto e lo colpì in testa e lui morì sul colpo. Storia simile è quella del terremoto avvenuto al Deveys sempre tra fine 800 e inizio 900. In quell’occasione metà paese fu completamente raso al suolo ma, come sempre c’è un soggetto della storia ed in questo caso è un bambino. Infatti questo bambino dormiva serenamente nella sua culla quando è accaduto, e, durante il terremoto, la culla si è ribaltata facendo da scudo dalle macerie per il bambino, che fu l’unico sopravvissuto di quelle case travolte. L’ironia della vita come sempre ci mette il suo e fa si che questo bambino scampato alla morte e alla distruzione del terremoto nella sua culla abbia trovato la morte nel grande terremoto di Messina. Queste sono alcuni dei racconti che mi ha donato mia nonna, oltre a molti altri risalenti ai tempi dei partigiani e della guerra. A quanto ho scoperto molti miei avi combatterono come partigiani durante la seconda guerra mondiale.
Marco Gay si è occupato invece dello studio di fonti più classico, ha preso in esame i testi di Costantino Nigra per capire che direzione poter dare alla drammaturgia che è da scrivere. Molti dei testi trovati sono già diventati materiale più che plausibile per essere inserito nello spettacolo. Infatti inizia la stesura di un monologo, da cui cercheremo di costruire la treccia della trama tutt’intorno, proprio sul racconto di un eremita.
Dopo questo primo confronto con mia nonna è stata chiara la possibile portata di tutto questo, ci sono infinite storie tra il vero e il mitologico che si radicano in questi luoghi. Storie che forse da sempre son tramandate oralmente e quindi con difficoltà si possono trovare fonti scritte, ognuno le ha inevitabilmente reinterpretate di volta in volta ed il mito, rimanendo uguale, ha preso man mano vita di generazione in generazione.
A questo punto ho deciso di iniziare la ricerca in un luogo che potesse darmi più fonti da sfogliare possibili, sempre tenendo una lente molto stretta su questi paesi della valle, che vanno da Susa a Bardonecchia. Ed è così che si è deciso di iniziare una collaborazione con il CesDoMeO di Giaglione, nato a protezione della cultura orale Occitana e Franco Provenzale grazie all’impegno e alla costanza di Chambra d’Oc guidata dall’intrepida Ines Cavalcanti.