Diario del 18 novembre
Io e Luca ci diamo appuntamento per le 9.30 nella piazza del mercato di Bussoleno, di fronte al liceo che ci ha cresciuti entrambi: il Norberto Rosa. Io, come mio vizio, arrivo decisamente in ritardo. Decidiamo di prendere un caffè per cominciare al meglio la nostra giornata di ricerca, scambiando subito qualche chiacchiera con le gentilissime bariste di un bar li vicino. Ci dicono che di affluenza al mercato di solito ce n’è parecchia: prendiamo fiducia.
Iniziamo quindi, preso ed assimilato il caffè, ad intercettare la gente per ottenere una fotografia e qualche pensiero sulla valle che potesse stimolarci qualche riflessione nuova ed interessante. Sul primo punto, anche se con qualche difficoltà, non riscontriamo troppi problemi. Sul secondo punto il mercato non si è rivelato luogo in cui la gente possa accettare qualche domanda serenamente. Infatti ad un certo punto abbiamo anche deciso di abbandonare quell’obiettivo e di dedicarci solo alla raccolta di materiale fotografico per l’installazione.
Ovviamente non tutti sono felici di essere fotografati, molti scappano anche solo alla nostra vista con un foglio firme in mano (Foglio firme contenente semplicemente la liberatoria per l’utilizzo artistico delle foto). Quindi da subito capiamo di dover nascondere il foglio per riuscire anche solo ad avvicinarci a qualcuno. Riusciamo a fare le prime foto, e, affinando sempre più la tecnica con cui chiederlo, riusciamo a prendere un buon ritmo. Su 10 persone circa 5 sono disposte e felici di esser fotografate per questo progetto.
Passano le ore e noi accumuliamo materiale ed oltre al materiale accumuliamo conoscenze. Ormai tutti i banchi del mercato hanno capito il nostro intento, si è venuto a creare quindi un’ambiente decisamente giocoso tra tutti che hanno iniziato ad offrirci i loro prodotti e ad aiutarci nella ricerca di persone disponibili. Tutto il mercato partecipa alla nostra ricerca. Io e Luca iniziamo a divertirci molto e a chiacchierare con molti di questi banchi, scoprendo una realtà con la quale, almeno io, prima d’ora non avevo mai avuto a che fare. Infatti alcuni si mettono a raccontarci delle sue difficoltà nel vivere le realtà di paese e di fiera in questo modo; altri ci fanno molte domande inerenti al progetto e si offrono di seguirlo o di aiutare; altri ancora semplicemente ci trattano ironicamente e scherzano con noi, e, ovviamente, trovano pane per i loro denti. La mattinata in questo modo vola e si fa l’una, orario in cui tutti i banchi iniziano a smontare e la gente ad andare a casa a pranzare. Decidiamo quindi di dichiarare conclusa la giornata di foto, portandoci a casa circa 80 fotografie di ritratti di persone del luogo, ovviamente molti di Bussoleno, ma altri provenienti un po da tutti i paesi della Valle. Infatti Bussoleno rimane ancora uno dei pochi mercati più grandi della Val di Susa. Decidiamo di andare il giorno dopo nella mattina al mercato di Susa per continuare la raccolta del materiale.
Nel pomeriggio mi reco al CesDoMeO, che ha sede nel comune di Giaglione, per l’appuntamento con Enzo Vair. Appena arrivato mi accoglie Enzo Vair con il sindaco Enzo Campo Bagattin, entrambi entusiasti del progetto che stiamo portando avanti. Inizia una lunghissima chiacchiera con entrambi sul senso della ripresa di queste tradizioni. Subito mi espongono di quanto il comune di Giaglione, tra i molti comuni della Valle, sia uno di quelli che più ha mantenuto vive le tradizioni legate a questa cultura. Enzo Vair, che si dimostra essere un luminare in questa materia, al pari di Marco Rey, da sfogo a tutte le sue conoscenze, spiegandomi interessanti aneddoti grammaticali del franoprovenzale e dando le sue motivazioni a questa apparente complessità. Lega il senso di una lingua alla necessità vitale di un popolo, oltre che all’economia da cui dipende. Inoltre, similmente a Mattie, Giaglione non è mai stato un paese di passaggio al pari degli altri comuni della valle dall’altra parte, come Exilles, Chiomonte, Oulx, molto più “vittime” di un passaggio continuo di genti.
Inizio intervistando il sindaco, che mi racconta un po della sua giovinezza nel paese, dei punti di ritrovo, rappresentati da un singolo bar, contenente personaggi d’altri tempi. La lingua che utilizzavano i giovani di quell’epoca era il franco provenzale, infatti la fascia d’eta tra i 50 e i 60 ancora parla il francoprovenzale, cosa non comune per tutta la valle.
Poi è il turno di Enzo Vair che si presta a fare l’intervista interamente in francoprovenzle. Racconta di quanti modi per dire neve esistono nel franco provenzale e della motivazione: se la neve è farinosa è buona per trasportare oggetti con le slitte e allora avrà un nome (cosi come il suono delle scarpe sulla neve ha diversi nomi), così come la neve più pesante sarà più pericolosa per i tetti delle case e allora se si sa che scende neve pesante bisognerà prepararsi a spalare, e così via. Inoltre racconta del III libro di Polibio, nel quale, sostiene Enzo Vair, è descritto dettagliatamente il passo del Col Clapier e quindi rende possibile la leggenda del passaggio di Annibale sulle Alpi. Anche Enzo Vair riconosce come punti di raccolta della sua giovinezza le stalle. Infatti racconta di come racchiusi nelle stalle i giovani andavano ad ascoltare le storie raccontate dagli anziani del paese. In qualche modo ci ho ritrovato il senso stesso di questo progetto all’interno delle sue parole.
Dopo questo iniziamo a visionare tutto il materiale di interviste raccolte da Enzo negli anni 90. Esce fuori una raccolta dal valore inestimabile. Infatti mi mostra una quarantina di interviste dalla durata di un’ora, quasi tutte in franco provenzale, la maggior parte di esse a persone che ora non ci sono più. La più stupefacente è quella ad una signora di 108 anni, ma ancora lucida e reattiva. Mi racconta di quanto fosse stato difficile farla “sciogliere”, infatti sono rimasti a casa sua per 3 giorni, e, superata la barriera, l’anziana signora ha iniziato a raccontare dettagliatamente moltissimi avvenimenti della sua vita. La sua intervista dura diverse ore. Purtroppo la qualità di queste interviste non è il massimo, ma contenutisticamente una miniera d’oro.
Dopo di che mi regala un libro che pensa possa essermi utile, e ci vede giusto. Si tratta di un libro raccolta di lettere di vari giaglionesi emigrati a fine 800/inizio 900 in sud America o in Australia. Subito riferisco al drammaturgo Gay di questa scoperta. Prendiamo in considerazione di inserire alcune di queste lettere all’interno della drammaturgia, poiché in qualche modo rappresenta una parte della nostra ricerca 100 anni prima.